Ritagli di vocazione

Come dito puntato...

Riflessioni sul discepolato e sul ministero: Giovanni il Battista

«Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l'agnello di Dio!”. E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: “Che cercate?”. Gli risposero: “Rabbì (che significa maestro), dove abiti?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio». (Gv 1,35-39)


Il giorno dopo, Giovanni stava ancora là…
Giovanni il Battista è uno con i piedi per terra: non attacca la sua vita a qualunque cosa. Ha fatto alcune esperienze nella vita che lo hanno forgiato. Cresciuto in una famiglia pia, fin dal grembo di sua madre aveva avuto sentore che stava per succedere qualcosa… da adulto si ritira in una vita sobria, appartato da una vita pubblica dove lo stile era quello dell’asservimento al governo romano e alle sue leggi. Il suo ritorno alla vita pubblica si deve alla consapevolezza che stava accadendo qualcosa… Giovanni stava “là”. Dove è questo là? È al di là del giordano, sulla riva dalla quale Mosè ha contemplato la terra promessa e dove ribadisce le leggi fondamentali per Israele (Dt 4), la riva che ha visto ripartire gli Ebrei, guidati da Giosuè (Gs 3), insomma una riva storica per Israele… Giovanni era là per dire: Israele, sono passati tanti anni, sono passati i secoli, ma tu non hai ancora attraversato il giordano, sei ancora nel deserto… È un luogo, quello da cui si può concretamente ripartire per una vita nuova, per ricostruire il popolo di Dio… Giovanni stava “ancora” là… cioè è uno che non si stanca di aspettare, non si scoraggia se ci sono ritardatari, non si stufa di accogliere gli ultimi… È uno che attende, perché sa anche che sta per arrivare chi davvero attraverserà il Giordano. Un altro Giosuè traghetterà il popolo attraverso quelle acque, con un altro segno: lo Spirito.

 â€¦ con due dei suoi discepoli…
            E già, perché uno così tira… ha del fascino uno che ha trovato qualcosa per cui vivere, qualcosa per cui vale dire “mamma, papà, vado a spaccare il mondo!”. Ha fascino Giovanni, con il suo bastone e il suo abito di pelli di cammello, … le sue parole… “verrà uno” ci danno speranza: verrà il giorno in cui finalmente un Messia ci sarà che metterà le cose a posto… sì, anche le sue ascelle puzzolenti sono segno di una scelta che merita… o no?

…e fissando lo sguardo su Gesù che passava…
            Ecco che Gesù si presenta e passa di lì… quante volte facciamo esperienza del suo passaggio? Ogni domenica lo vediamo passare, anzi, ne mangiamo il corpo, in ricordo di quella cena e del suo sacrificio di salvezza… ci rendiamo conto? Parte della nostra carne, del nostro sangue, della nostra ciccia è frutto della elaborazione del nostro apparato digerente di niente di meno che il Figlio di Dio! E poi, lo diciamo è vero in molte occasioni, ma non so se ci crediamo davvero, ogni fratello è Gesù, anche quando ha la faccia di quell’amica o quell’amico che non sopporto niente, o la faccia dei miei, o dei ragazzini pestiferi dell’oratorio… Oppure Gesù lo incontriamo nei poveri, quelli veri, quelli che non sappiamo neanche come avvicinare perché ci fa un po’ “gèna” essere ai loro occhi quelli che hanno tutto e non apprezzano niente… e poi… Solo che il nostro sguardo fatica a vedere Gesù che passa e riconoscerlo come il Signore della nostra vita… Dai, come si fa ad affidarsi a uno che andava in giro per la Palestina duemila anni fa e che diceva un sacco di cose belle, d’accordo, ma che oggi tutti ‘sti politici e giornalisti e industriali e casalinghe e trasgender e marmocchi dell’asilo si mangerebbero in un minuto, guarda come è finito…?!?!?! Giovanni invece lo riconosce, anzi, fissa lo sguardo su di lui, come farebbe il timoniere di un vascello sbattuto dalle onde prima nel cercare la luce del faro e poi nell’aggrapparsi a quella come l’unica cosa che può salvarlo…
            Nota: il brano comincia con il giorno dopo” cioè il secondo giorno della prima settimana del vangelo di Giovanni Evangelista…
Un parallelismo buttato lì: il secondo giorno Dio creò la luce, perché le cose acquistassero luce, gli spazi si conquistassero il loro spazio, l’universo ne guadagnasse un ordine… straordinario… o no?

…disse “ecco l’agnello di Dio.”…
            Queste parole sono un eco di quel sussulto lontano, di quando ancora dal ventre di Elisabetta, sua madre, aveva riconosciuto Gesù nel grembo di Maria… sono eco di quelle che ha letto nella Scrittura, “maltrattato si lasciò umiliare, e non aprì la sua bocca, era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori” (Is 53). È quell’uomo su cui ha visto posarsi lo Spirito… È il Figlio di Dio. È lo Spirito che parla in lui, che lo fa annunciare cose grandi. Le parole di Giovanni dicono più di quello che lui ha in testa davvero: aspettava un guerriero, riconosce un uomo come tanti… o no?

E i due discepoli, sentendolo parlare in quel modo…

            Quelle parole hanno colpito nel segno comunque, sono parole che danno calore… quei due discepoli, ora lo sappiamo, sono di Bethsàida, e non di Emmaus, ma mi sembra di vedere lo stesso sentimento nel loro cuore… “non ci ardeva il cuore nel petto?” (Lc 24)… vedere uno che fissa Gesù, e che ha incontrato in lui la possibilità concreta per tornare a vivere con forza una vita che vale la pena, e sentire che qualcosa di interessante c’è anche per te, ti fa vibrare nell’ansia dell’indecisione..


E i due discepoli […] seguirono Gesù…
            Così si compie la missione di Giovanni: con un abbandono. Dopo che hai dato la vita per annunciare qualcosa, ti sei preparato ben bene, hai faticato tutti i tuoi anni per capirci qualcosa di più e ti sei dato all’annuncio e hai iniziato molte attività per esso (non sto parlando solo di Giovanni, mi capite? Parlo anche di quelli che si mettono in ricerca di qualcosa per cui valga la pena vivere e si trovano finalmente in un gruppo a cui riescono a passare qualcosa di ciò che hanno dentro… lo dico meglio? Sto parando di chi fa un servizio per il regno di Dio, di chi ha responsabilità dirette sulla fede della gente, dei piccoli, per chi trasmette qualcosa della sua fede piccolissima a qualcun altro… sto parlando della Chiesa, del servizio di annunciatori del vangelo…)… ebbene, dopo tutto questo ti ritrovi con quattro gatti che hai intorno, e scopri che sentendoti parlare se ne vanno anche loro. Ma se ne vanno dietro di Lui… ma è possibile, è una vita questa che non riesci neanche a parlare cinque minuti con qualcuno che questo subito vuole saperne di più e si rivolge a chi effettivamente ne sa di più…? O no?


Chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto i mezzo a voi come uno che serve. (
Lc 22,27)

Chi è il più importante, chiede Gesù, e noi, furbi risponderemmo: tu sei più importante.
Risposta sbagliata!
La domanda di Gesù è una domanda retorica: è ovvio che chi sta a tavola sia più importante…
Ora immaginate il giorno del compleanno della vostra mamma, che tutti i giorni cucina e padella per voi… cosa le farebbe enormemente piacere? Che qalcun altro cucinasse per lei, ma dato che fuori dalle uova a paletto sapete fare ben poco… la-portate-al-ristorante!!! Lì, una schiera di camerieri, e cuochi, e metre, e tastevin renderanno la vostra serata al ristorante il-miglior-regalo-che-potevate-fare-alla-festeggiata (forse anche il più caro, ma lasciamo stare…). Ora, tutta quella gente che serve a tavola è lì apposta per rendere quella serata importante, per farne una cena speciale…
Gesù invita i suoi discepoli a fare la stessa cosa: Egli invita al suo desco tutti, per cenare con loro, per fare la comunione con loro, per incontrare tutti nella loro vita quotidiana. Ai servi compete di far sì che quello sia un incontro vero e che porti frutto…
Un prete è un cameriere al servizio delle donne e degli uomini che Cristo vuole incontrare. Sta a lui fare in modo che quella sia una festa…Per farlo dobbiamo metterci alla scuola di Gesù che ce lo insegna in modo limpido, ad esempio della lavanda dei piedi…
Allora, chi è più importante?
            Ecco che vengo a ciò che volevo dire. Un prete è una persona che riconosce Gesù di Nazareth come il Signore della propria vita, lo annuncia e poi si aspetta che come minimo la gente se ne vada… PER ANDARE DIETRO A LUI !!! altrimenti è invano che lo annunciamo, è invano che proviamo a fare qualcosa con i ragazzi, con i giovanissimi, con i figli (degli altri), con gli sposi, le famiglie, ecc… è invano che ci mettiamo a parlare di Lui… Esistiamo solo per far si che quelli che stanno a tavola possano incontrare Gesù… Davvero!
            “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere”. “ora né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa”. “un altro poi costruisce sopra” “Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”. (1 Cor 1,10-13 e poi 1 Cor 3,1-23)

Ancora una parolina…
La prendo da un libro di Sepulveda, che ha avuto un giusto successo qualche anno fa… “la Gabbianella e il Gatto che le insegnò a volare” (se lo avete letto, bene, se non lo avete letto fatelo perché è proprio un bel libro). Avete presente la storia, questi gatti del porto di Amburgo soccorrono una gabbiana moribonda che spira deponendo il suo uovo. Per tener fede a una promessa i gatti si impegnano a proteggerlo, a curare il pulcino che e nascerà e a insegnargli a volare. Ora. Mi sembra che questa sia un po’ la condizione di tutti noi: dobbiamo insegnare a volare agli altri, quando magari noi stessi non siamo poi così “pratici”. Dobbiamo insegnar loro a volare perché possano prendere il cielo e spiccare il volo verso la loro meta… noi al massimo possiamo salire sul campanile… ma da lì dovremo solo guardarli ringraziando il Signore…
  “Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. È acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di essi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come ricompensa dopo la pioggia. Senti la pioggia. Apri le ali.”[…]“Ora volerai, e il cielo sarà tutto tuo.”

13 novembre 2007

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